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Lanzetta sound
«Divento chansonnier per gioco»
Per l’attore e scrittore un album con dieci tracce «Racconto la crisi e faccionil verso a James Senese. Battiato il mio mentore» 
di Mirella Armiero

Peppe, ma sai cantare?
«Ma quando mai! E non so nemmeno suonare...». E allora, questo disco? «Una passione, la mia, di mettere insieme le parole con i suoni». Irregolare, autentico, sanguigno, Lanzetta coltiva da tempo questa passione. L’eclettico artista, passato dal cabaret al teatro fino alla scrittura e al set (finanche su quello internazionale di 007), da venerdì sforna il suo primo album, «Non canto, non vedo, non sento», etichetta Full Heads (il 22 presentazione alla Feltrinelli).
Non si tratta di reading, in queste dieci tracce c’è proprio musica, con un inedito Lanzetta chansonnier ma anche artista apertamente satirico, colto e popolare al tempo stesso, amante dei contrasti e forseanche delle contraddizioni. «Tutto è nato molti anni fa», racconta, «fin da quando frequentavo Pino Daniele: eravamo in classe insieme. Nel’ 78 mi regalò una canzone, che però resterà sempre inedita, perché è un dono personale, si intitola Una dummenica passata cu’ te. Poi ho avuto altre frequentazioni con musicisti come Senese, Avitabile, Bennato. Per lo più ho scritto testi. Ma il salto di qualità c’è stato nel 2000».
Cosa è accaduto?
«Ho incontrato Battiato che ha musicato il mio testo ‘Arriverà’, che rientra ora finalmente in questo album». Un disco prodotto ed arrangiato da Jennà Romano, leader del gruppo Letti Sfatti, altro incontro importante per Lanzetta. «Sì, per anni andavo da lui a Grumo Nevano, mi faceva registrare voci, suoni, scherzi. Poi mi ha fatto riascoltare tutto questo materiale e mi ha convinto a portare a termine il progetto». E perfino a lanciarsi in cover ardite, come «Tu no» di Piero Ciampi. Oppure in divertissement come «Alla quale» che fa il verso a un intercalare di Jemes Senese. Ma c’è anche il durissimo brano «Lo sputo», sulla crisi e la politica, e «Valle Giulia» di Pasolini in cui si recupera la voce del cronista dell’epoca. «Mi sono divertito», commenta Lanzetta, «mi sono messo a giocare, dopo aver raggiunto certi obiettivi nella mia carriera. Del resto sono libero: non potrò mai entrare nei salotti buoni, non mi hanno mai voluto. Sono così, con la testa agli Squallor e il cuore ai Pink Floyd».
Dalla Napoli di Pino Daniele a quella di oggi, cosa è cambiato?
«Napoli resta sempre una fucina straordinaria. Ci sono tanti gruppi che muovono cose, uno su tutti La Maschera. Ma del resto per la nostra città è normale: nei momenti critici noi rispondiamo in questo modo. Nelle cantine, con pochi soldi, nascono talenti».
Che il resto del paese apprezza.
«Sì, anche se a volte qualcuno è sopravvalutato».
Ad esempio?
«Il rap. È un prodotto Usa, non può essere d’importazione. Il nostro rap, anche quando sembra arrabbiato, è sempre all’acqua di rose. Meglio recuperare elementi della tradizione, per esempio come fanno i Foja. Meglio più cultura del vicolo e non stilemi che non ci appartengono. E quei rapper coi rolex, che volgarità. Come se Senese si fosse circondato di ballerine di colore».
Peppe, tu hai fatto di tutto, artisticamente parlando. Meglio cantare o scrivere o recitare?
«Vero, mi manca solo il circo. Una parte di me però è rimasta sul set di Bond, è stato straordinario. La dimostrazione che quando non dai troppa importanza alle cose e non ti prendi troppo sul serio ti può succedere di tutto. Anche di incontrare un mito come Maradona...».
Al San Carlo?
«Sì, con Siani. Diego mi ha guardato e mi ha detto che i nostri occhi si assomigliavano, pieni di malinconia. Allora ho scritto una preghiera laica per lui, un testo non catalogabile. Se lo leggesse Paolo Isotta lo definirebbe un poemetto».
E la scrittura?
«Ho appena finito il romanzo della pacificazione, dell’autobiografia, in cui sono andato a ritroso e ho raccontato tutto, da quando mia madre mi diceva acalat’ nel pullman per Licola, per non pagare il biglietto, fino agli Studio’s di Londra».
Per chiudere, chi è Peppe Lanzetta? Per certi versi un precursore di «Gomorra»?
«Io nelle cose crude ci mettevo la poesia. Mi definisco un anarchico. Ho messo insieme De Simone e Patroni Griffi, Fofi e Arbore. Non sono andato dietro alle mode. Ho cercato di piacere alla Napoli bene ma non sono stato accettato. Oggi ne sono fiero».

La scheda
- Registrato nel marzo del 2017 presso gli studi Laboratori di Provincia, «Non canto, non vedo, non sento» esce per l’etichetta indipendente Full Heads, venerdì 16
- Il primo album di Peppe Lanzetta sarà presentato ufficialmente, giovedì 22 a partire dalle ore 18, presso La Feltrinelli di Piazza dei Martiri, da Gianni Valentino e Angelo Petrella

il Corriere del Mezzogiorno
13/06/2017

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