Non capisco perché i critici, certi critici non hanno il coraggio di parlare del talento artistico di Alessandro Siani. Che per inteso non ha bisogno di difensori visto che si difende benissimo da solo, con un’ironia fresca e sorprendente. Ci conosciamo da anni e negli anni ho seguito l’evoluzione artistica di questo figlio della Napoli popolare.
Gli snob e i saccenti fanno finta di storcere il muso o forse lo storcono, poi magari vanno a vedere i suoi film e i suoi spettacoli e se ne escono prima, per non farsi vedere, per non mostrare di appartenere al rito collettivo. Io sono andato al cinema e mi sono fatto delle serie risate. E sì perché nel caso di Mister Felicità dietro un’apparente favola, cominciata con il principe Abusivo, c’è uno sguardo amaro e gradevole, cinico e spietato più di quanto si possa credere su questi tempi cupi che viviamo, sull’insoddisfazione collettiva, sull’ansia depressiva di cui soffrono i pazienti che vanno dall’ottimo Gioia interpretato da Abatantuono in versione tenera.
Siani è molto intelligente e usa il cinema come arma straordinaria per far comunicare quelli che non hanno rappresentanza in un contesto dominato o dalle risse televisive o dal malaffare politico. Usa l’intelligenza di chi viene dal basso per segnare la differenza con ambienti autoreferenziale che ripudiano tutti quelli che non appartengono al «circolo». Superlativa la scena in cui il suo personaggio, Martino, viene a trovarsi in un party elitario di moda e sbeffeggia, come solo uno che se lo può permettere, tutto l’ambaradan dei parvenu, dei finti ricchi o arricchiti e quelli dal sangue blu. E dimostra oltretutto di essere un catalizzatore di energie e conoscitore di uno status che si permette di aggrovigliare e buttare dalla finestra. Al cinema come nella vita non ci dovrebbero essere spettatori di seria A e di serie B.
Io sono cresciuto con Morte a Venezia di Visconti e Barry Lyndon di Kubrick e ho avuto il piacere di frequentare il cosiddetto cinema d’autore, ma sono i parcheggiatori e i baristi quelli che mi fermano per strada e mi fanno i complimenti dopo 30 anni per una partecipazione ne Il camorrista . Dico ciò per significare che spesso chi è diretto e non ha bisogno di filtrarsi attraverso simbolismi che non gli appartengono riesce con onestà ad abbattere i paletti dell’ipocrisia di cui è ammantato il nostro contesto. Proprio perché ho avuto il piacere di lavorare con premi Oscar (prima e dopo) posso dire che un film o il cinema che ci regala Alessandro Siani è più di quello che ad un occhio pervenuto appare. È adrenalina, è voglia di vivere, è gioia. Piace ai giovani, che stupidi non sono e che non hanno bisogno di uscire dalla sala prima che si riaccendano le luci. Ogni felicità è innocenza come ci ricordava la grande Marguerite Yourcenar.
PEPPE LANZETTA
(10/01/2017)